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Comunicati Stampa / 16.05.2015

 

La Congregazione per le Cause dei Santi ha decretato la completezza degli atti processuali consegnati
 
Con grande soddisfazione Mons. Luigi Martella comunica di aver ricevuto dalla Congregazione per le Cause dei Santi, di cui è Prefetto il Card. Angelo Amato, per mano del Postulatore Mons. Luigi Michele de Palma, il decreto con il quale si ritengono completi e validi gli atti processuali relativi alla causa di Canonizzazione del Servo di Dio Antonio Bello. Nel decreto, datato 17 aprile 2015, si constata "la validità della medesima Causa Diocesana sul caso e secondo le finalità di cui si tratta, fatto salvo tutto ciò che c’era da salvare secondo la legge. Senza opposizione alcuna sui pro e sui contro".
É un grande passo in avanti che si compie verso il traguardo che tutti auspichiamo, cominciato il 20 aprile 2008, quando il Vescovo Martella introdusse con apposito editto la Causa di Beatificazione e di Canonizzazione del Servo di Dio Antonio Bello. Adesso è compito proprio della Congregazione muovere i passi successivi: secondo quanto disposto dalla nuova legislazione per le Cause dei Santi, introdotta da Giovanni Paolo II con la Costituzione apostolica Divinus perfectionis Magister del 25/1/1983, la Congregazione, avendo controllato la correttezza delle procedure e della documentazione, nominerà un Relatore della causa che elaborerà la Positio super virtutibus del Servo di Dio; una sorta di dossier che attesti e dimostri ragionevolmente le virtù eroiche. Una commissione di Teologi, detta Congresso dei Teologi, esaminerà la positio e, ove non ci fossero ostacoli di natura teologica o morale, emetterà un parere favorevole cui seguirà una riunione di Cardinali e Vescovi della Congregazione, terminata la quale il Papa accoglie tale parere e dichiara la Venerabilità del Servo di Dio. Per la fase successiva, cioè la beatificazione, dovrà essere riconosciuto un miracolo attribuito all'intercessione del Venerabile. Anche per questo si dovrà procedere con apposita inchiesta diocesana supportata da una commissione di medici, al termine della quale, se affermativa, il Papa proclamerà il Beato, stabilendo una data della memoria nel calendario liturgico.
Alla gioia e alla soddisfazione del Vescovo Martella si unisce quella di Mons. Agostino Superbo e Mons. Domenico Amato, rispettivamente postulatore e vicepostulatore della fase diocesana, nonchè dei membri del Tribunale, presieduto da Mons. Sabino Lattanzio, per il preciso e puntuale lavoro compiuto dal 30 aprile 2010, quando si insediò il Tribunale, al 30 novembre 2013, data di conclusione della fase diocesana del Processo, in cui furono sigillate le casse contenenti la documentazione raccolta nelle 80 sessioni successive del Tribunale, atte ad evidenziare l'eroicità delle virtù teologali e cardinali vissute dal Servo di Dio.
Luigi Sparapano - direttore ucs
 
 
Comunicati Stampa / 15.05.2015

Nel 37° anniversario dell'assassinio di Aldo Moro e nel Giorno della memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi
 (ore 16,45)

PRESIDENTE
. (Si leva in piedi e, con lei, l'intera Assemblea e i membri del Governo) Colleghi e colleghe, lo scorso 9 maggio ricorreva il 37o anniversario dell'assassinio di Aldo Moro. In tale data, per il valore simbolico che essa ha assunto, si celebra anche il Giorno della memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi.
Quella del terrorismo è stata una lunga e buia stagione della nostra Repubblica, della storia repubblicana, nel corso della quale efferate stragi hanno insanguinato il Paese e crudeli attentati, nei confronti di esponenti del mondo del lavoro, dell'impresa, della politica, dell'università, della magistratura e delle forze dell'ordine, hanno mirato a colpire al cuore – al cuore – le nostre istituzioni democratiche.
Non tutte le responsabilità sono state accertate e il Parlamento, attraverso la preziosa attività delle Commissioni di inchiesta, ha svolto e continua a svolgere un significativo ruolo nella ricerca della verità sugli aspetti ancora oscuri di quella drammatica stagione.
Il Giorno della memoria costituisce l'occasione per rendere omaggio ai tanti cittadini indifesi, ai servitori dello Stato che hanno perso la vita in quegli anni e per sensibilizzare le giovani generazioni, che quel periodo non hanno vissuto in prima persona, come invece molti di noi, ai valori della difesa della democrazia e delle sue istituzioni.
Invito l'Assemblea a osservare un minuto di silenzio (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio – Generali applausi cui si associano i membri del Governo).
Ora abbiamo degli interventi da parte dei rappresentanti dei gruppi. Ha chiesto di parlare il deputato Grassi. Ne ha facoltà.
GERO GRASSI. Signora Presidente, signori sottosegretari, colleghi parlamentari, il 9 maggio ricordiamo le vittime del terrorismo; il 9 maggio sono stati uccisi Peppino Impastato, dalla mafia in Sicilia, e Aldo Moro, dalle Brigate Rosse. Ma il 9 maggio non sia soltanto un giorno di commemorazione. Moro, nel 1946, in Puglia, quando combatteva con Di Vittorio per un'Italia migliore, parlava di Stato etico, diritto e morale, unità e pluralità di reato; parlava di scuola come il mezzo perché il figlio del contadino non rifacesse il contadino. Moro in quelle piazze insegnava ai cafoni del sud il valore della democrazia e la speranza della politica e del futuro.
Io credo, però, che non ci sarà migliore commemorazione di Aldo Moro fino a quando lo Stato non sarà in grado di dire ai cittadini italiani chi e perché ha ucciso Aldo Moro. Credo che compito dello Stato sia dire agli italiani la verità perché Aldo Moro noi non siamo in grado di resuscitarlo, ma potremmo rendergli giustizia, seppur dopo 37 anni. «Questo Paese non si salverà. La stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera se non sorgerà un nuovo senso del dovere». Sono parole attualissime di Aldo Moro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).