Il Partito Democratico nasce per garantire stabilità

Il Partito Democratico nasce per garantire stabilità

La nascita del Partito Democratico, annunciata da tempo e che sostanzialmente si realizzerà il 16 ottobre prossimo, pone alcune riflessioni storiche culturali, politiche e pratiche. Pensiamo che il Partito Democratico sul piano storico sia la fine di un percorso fatto di democrazia, conquiste …

La nascita del Partito Democratico, annunciata da tempo e che sostanzialmente si realizzerà il 16 ottobre prossimo, pone alcune riflessioni storiche culturali, politiche e pratiche.

Pensiamo che il Partito Democratico sul piano storico sia la fine di un percorso fatto di democrazia, conquiste, lotte, errori che ha visto dal dopoguerra a non molti anni fa contrapposti gli eredi della cultura democristiana e di quella comunista. Si realizza il completamento di un’idea per la quale Aldo Moro si battè strenuamente. Evitare che una parte sostanziale dell’elettorato italiano fosse condannata all’opposizione.

Oggi, alla luce della nuova condizione italiana, mettere insieme i riformisti.

Il Partito Democratico da un lato non deve essere vissuto dalle altre forze politiche come un problema, dall’altro non deve costituire un problema di divisione, ma di unione. Compito del PD non può essere quello di egemonizzare, ma di essere sintesi della grande Coalizione dell’Unione.

Riteniamo che il PD abbia due grandi compiti: la governabilità e la stabilità delle Istituzioni da un lato, la capacità di unire dall’altro. Non sono compiti secondari, ma esaltanti in un percorso di democrazia che tenga sempre al centro la persona.

La costruzione di un progetto ambizioso come il PD deve considerare la necessità di dare risposte ai problemi drammatici della disoccupazione, della precarietà del lavoro, della sicurezza, della persistente differenza nord-sud, della necessità di infrastrutture e di nuova tecnologia, della voglia di partecipazione che i cittadini esprimono .

Questi problemi devono essere il cuore del PD e del programma di Governo.

Il Partito Democratico si costruisce certamente attraverso le primarie che devono scegliere chi deve assumersi la responsabilità reale della guida, ma anche e soprattutto con un lavoro certosino e paziente delle classi dirigenti che devono sul territorio mettere insieme, esaltandone le differenze, uomini e storie diverse.

Un Partito che dia voce anche a quanti non provengono dalla storia dei Democratici di Sinistra e della Margherita, ma che consideri la necessità che i Partiti non si costruiscono attraverso i gazebo ma le storie delle persone.

Un Partito, il PD, che si faccia carico di dare stabilità alle Istituzioni. Tutte.

Un Partito che tenga attorno a sé, in un rapporto di libertà, le altre forze politiche del centrosinistra non per calcolo ed opportunità numerica, ma perché la migliore politica italiana prescinde dall’idea di autoreferenzialità e di autosufficienza.

E quindi, come in Parlamento, Gruppi Consiliari Unici dappertutto senza opportunismi. Perché lavorando insieme e sui problemi della gente si costruisce il Partito. Gruppi Unici nelle Regioni, nelle Province e nei Comuni.

Non è bello vedere in alcune realtà DS e Margherita divisi tra maggioranza e minoranza. Non una operazione chirurgica, ma politica. Non una operazione da salotto buono o conferenza per addetti ai lavori, ma lavoro e dibattito nelle sezioni. Sempre per unire e per governare tenendo al centro i problemi della gente.

Tutto questo presuppone anche che le primarie non siano un luogo dove distratti cittadini diano una opzione ad un soggetto lontano che si assuma la guida di un partito virtuale. Queste brevi considerazioni impongono che chi partecipa alle primarie sottoscriva un documento programmatico, sappia di aderire ad un partito e dia il proprio voto a chi di questo partito deve esserne guida.

E qui si apre l’ultima considerazione. Non vogliamo fare un partito condizionato al momento politico o all’attuale Governo. Vogliamo fare un partito che aiuti il Governo Prodi e costruisca le condizioni per il domani. Un domani che ci auguriamo riformista e più attento alle residualità sociali.

Per queste ragioni, per la storia dell’Italia democratica, perché non crediamo ai partiti persona e per il duro lavoro che la costruzione di un partito reale e non di plastica impone, riteniamo che il leader del Partito Democratico debba essere persona scelta in una competizione reale dove opzioni diverse si confrontano.