Nota per la Scuola a cura del PD

Nota per la Scuola a cura del PD

 NOTA SUL MAESTRO UNICO NELLA SCUOLA ELEMENTARE   

Il Decreto Legge 137 

Il Decreto legge 1 settembre 2008 n. 137 (approvato dal Governo nella seduta del 28 agosto scorso) relativo a “Disposizioni urgenti in materia di istruzione e università” prevede, tra l’altro, il “maestro unico” nella scuola elementare (o primaria) con la riduzione dell’orario scolastico a 24 ore settimanali (orario tipo giornaliero: quattro ore con uscita dei bambini dalla scuola alle ore 12.30)… 

 Uno sguardo d’insieme La scuola elementare italiana rappresenta una delle strutture sociali più diffuse e presenti sul territorio nazionale (16.000 sedi scolastiche, 138.000 classi, 245.000 insegnanti, 2.570.000 bambini dai 6 ai 10 anni). Le scelte del Governo, contenute in particolare nei decreti legge n.112 sulla manovra economica estiva e n. 137, (riduzione di risorse, servizi, tempo scuola e personale) non considerano questa complessa realtà che si lega alla storia, al paesaggio e alla geografia del nostro Paese, impoverendo –di fatto- la vita di molte comunità locali e riducendo le opportunità educative per tutti i nostri ragazzi.La scuola elementare è fondamentale per acquisire i primi alfabeti, per esprimersi e comunicare, per apprendere le prime forme di conoscenza sul mondo, ed inoltre rappresenta uno straordinario luogo di accoglienza  e di integrazione culturale e sociale. Anche le indagini nazionali (INVALSI, il nostro Sistema di valutazione) e internazionali (IEA-PIRLS sulle competenze di lettura, 2005) testimoniano della sua qualità ed eccellenza.La sua attuale organizzazione risale alla Legge di riforma del 1990 (Legge n. 148 del 5/6/1990), approvata dal Parlamento, a larga maggioranza, dopo un intenso dibattito culturale durato all’incirca 10 anni, contrassegnato dall’elaborazione nel 1985 di nuovi programmi didattici, considerati tra i migliori nella storia della nostra scuola di base. La scuola elementare prevede due modelli organizzativi e di tempo-scuola:1) classi a modulo;2) classi a tempo pieno.All’atto dell’iscrizione, i genitori possono liberamente scegliere fra i due modelli: la scuola, tenendo conto della richiesta dei genitori, delle risorse strutturali e di personale docente assegnate, del progetto educativo elaborato, costruisce la sua offerta formativa.  Le Classi a modulo L’organizzazione modulare prevede in linea di massima l’abbinamento di due classi in un ‘modulo’ a cui sono assegnati tre docenti (dunque, rapporto 1,5 docenti per ogni classe). Il tempo “didattico” di funzionamento va da un minimo obbligatorio di 27 ore settimanali fino ad un massimo di 30 ore di attività didattica, e si basa fondamentalmente sulle scelte dei genitori. In linea di massima, dunque, l’orario settimanale si articola in alcuni rientri pomeridiani (da uno a tre), anche in relazione all’adozione, o meno, della settimana corta.Occorre sottolineare però che in oltre la metà delle classi a modulo non sono effettuati rientri pomeridiani; ciò avviene soprattutto al Sud, spesso per mancanza di condizioni strutturali (spazi, mense, servizi). Nel caso di rientro, la scuola insieme all’Ente locale, garantisce un servizio di refezione scolastica con la presenza educativa degli insegnanti di classe che, nel loro orario di servizio, assistono gli alunni. Il pasto a scuola rappresenta un importante momento educativo.I tre insegnanti del modulo (cioè di classi “abbinate” che comunque funzionano autonomamente) svolgono un orario di insegnamento di 22 ore settimanali (22 h x 3 = 66 h) assicurando la copertura di tutto l’orario di funzionamento del modulo, con qualche ora (mediamente 4 per classe) di compresenza alla settimana.L’alternarsi di tre insegnanti (spesso si opta per due soli docenti in prima o seconda elementare, di cui uno con più tempo, il cosiddetto maestro “prevalente”) consente di arricchire la proposta didattica della scuola, curando con più attenzione la preparazione linguistica dei ragazzi (un insegnante, per esempio, si dedica prevalentemente a questo ambito), senza trascurare la dimensione matematica e scientifica (un secondo insegnante, infatti, si dedica generalmente a questo settore, anche se la sua formazione andrebbe decisamente migliorata). L’eventuale terza figura, soprattutto negli ultimi anni, cura in particolare l’ambito storico e geografico. In base alle competenze possedute, i docenti si impegnano anche nelle cosiddette discipline espressive: musica, arte, educazione motoria.Il modello organizzativo è molto flessibile e si adatta alle diverse situazioni locali. I genitori, interpellati in una ricerca del Ministero dell’Istruzione, in occasione degli Stati Generali sulla scuola, hanno espresso un ampio consenso all’idea del team docente (modulo) nella scuola elementare (oltre i due terzi delle risposte), preferendolo al maestro unico. Le Classi a tempo pieno La scuola elementare a tempo pieno nasce in Italia nel 1971 con la Legge 820, che trasforma preesistenti attività di doposcuola e integrative pomeridiane in un modello educativo unitario e coerente, che si basa su un orario settimanale di 40 ore (in genere 5 giornate di 8 ore, comprensive del servizio di mensa e di interscuola). Ad ogni classe sono assegnati due docenti (a differenza del modulo, dove tre docenti operano su due classi), con pari titolarità e responsabilità, che si alternano nei turni antimeridiani e pomeridiani curando ciascuno un’area disciplinare fondamentale (1. area linguistico e storica; 2. area matematica e scientifica). Le ore di didattica oscillano tra le 30 e le 32.  L’orario di servizio dei docenti, in entrambi i casi, è di 22 ore (cui si aggiungono 2 ore di progettazione v. oltre). Nel tempo pieno risultano circa 4 ore settimanali di compresenza (40 ore di funzionamento, 44 ore di monte ore dei docenti).  Ridurre la compresenza, coprire l’orario fino a 40 con spezzoni e frammenti di ore, senza salvaguardare l’attuale organico di due docenti, significa vanificare la scuola a tempo pieno, al di là di tutte le dichiarazioni verbali. Una giornata a tempo pieno consente di garantire un’equilibrata distribuzione delle attività per i bambini (di apprendimento, gioco, relazioni sociali) e quindi permette di caratterizzare la vita delle classi in termini più operativi (con laboratori, uscite, atelier, ecc.) in una didattica più attiva che, comunque, deve rispettare il curricolo nazionale obbligatorio delle discipline, come nel modulo. La scuola a tempo pieno si è diffusa gradualmente fino a raggiungere oggi la quota del 25% di tutte le classi, ma con forti differenze territoriali: è superiore al 50% in alcune regioni e grandi città del centro-nord, inferiore al 5% in molte aree del Sud. I genitori gradiscono il modello a tempo pieno; infatti, la richiesta è superiore alla possibilità di accoglienza, soprattutto nelle aree di intensa urbanizzazione. Elementi di riflessione Sia nel modulo, sia nel tempo pieno, il buon funzionamento di un team di alcuni docenti (da 2 a 3 figure), l’integrazione dei loro insegnamenti, la condivisione dello stile educativo sono assicurati da incontri settimanali obbligatori, di progettazione e verifica delle attività, per almeno due ore. L’ipotesi di eliminare queste ore mette a rischio lo stile di lavoro indispensabile per prendersi cura in maniera unitaria dei ragazzi di una classe, principio che è considerato il punto di forza della nostra scuola elementare.  Nella scuola elementare viene assicurato anche l’insegnamento obbligatorio della lingua inglese, partendo da un’ora settimanale in 1a classe per giungere a tre ore settimanali in 5a. L’insegnamento è curato da uno dei docenti interni del team di classe, appositamente formato, o da un maestro esterno specialista ad hoc, che fa parte dell’organico della scuola.  La scuola elementare vede da oltre trent’anni un’ampia presenza di bambini con disabilità nelle classi comuni (2,5 ogni cento bambini), per i quali viene assegnato personale docente di sostegno nella misura media di un docente ogni due allievi certificati. L’integrazione rappresenta un punto d’onore del nostro sistema educativo, che non può essere messo a rischio. Da alcuni anni inoltre accoglie un numero crescente di bambini non italiani (7,7 ogni 100 bambini), garantendo spesso programmi di alfabetizzazione linguistica curati prevalentemente da Enti locali e Associazioni. Le ore di compresenza, un numero equo di bambini per classe, tempi distesi per una pluralità di attività sono condizione indispensabile per l’integrazione multiculturale, in cui si gioca un’idea democratica e aperta di società, che rispetti le identità e proponga nuove regole di convivenza. Tutto questo si costruisce a partire dalle nostre aule scolastiche.  E’ inoltre assicurato l’insegnamento concordatario di due ore settimanali di religione cattolica per i richiedenti, inserito all’interno dell’orario scolastico obbligatorio. L’insegnamento è assicurato da docenti della classe disponibili e idonei, o da docenti esterni nominati dall’autorità ecclesiastica.  I due modelli (modulo e tempo pieno) della scuola elementare italiana nel corso degli ultimi vent’anni si sono via via articolati e arricchiti per far fronte alle mutate esigenze sociali e per offrire una proposta didattica adeguata ai bambini di oggi, più curiosi, colorati, in movimento, visivi, da coinvolgere attraverso un ambiente di apprendimento più stimolante, ma prottettivo. E’ impensabile immaginare di ripristinare una scuola “in bianco e nero”, con poco tempo a disposizione, con figure docenti impoverite e generiche nelle loro competenze, chiamate a inseguire troppe forme del sapere. Oggi viene richiesto un potenziamento delle competenze linguistiche di base (in un’ ottica plurilingue), un potenziamento dell’area matematica e scientifica, senza trascurare i linguaggi della creatività e della nostra identità (si pensi alla musica e all’arte). Il modello proposto nei decreti-legge estivi non affronta queste sfide, rinuncia alla modernità, ripiega su una visione superata dell’istruzione, sfiora il rischio di modelli educativi autoritari più che autorevoli. I genitori della scuola elementare italiana hanno espresso un gradimento positivo o molto positivo (85% circa delle risposte) sul funzionamento della scuola elementare (Ricerca Ernst & Young, 2004). E’ impensabile che si immagini possibile modificare, con improvvisazione e per sole ragioni finanziarie, un’ organizzazione che sembra rispondere con attenzione ed equilibrio alle diverse esigenze della società contemporanea: pluralità di stimoli culturali, incontro di culture diverse, domanda sociale dei genitori, diritti dei bambini ad una proposta ricca ma unitaria, valorizzazione delle professionalità dei docenti.  18 settembre 2008