IL CORRIERE DELLA SERA – Il PD debole e la forza dei cattolici

IL CORRIERE DELLA SERA – Il PD debole e la forza dei cattolici

Il Pd debole e la forza dei cattolici

di Giuseppe Fioroni –  deputato Pd

 Caro direttore, ho letto con attenzione l’articolo di Paolo Franchi, come sempre arguto e pungente, sulle prospettive del Partito democratico. Qualche osservazione vorrei farla. Come un vulcano; il bipolarismo polarizzato sull’eterno teatrino berlusconiano può esplodere da un momento all’altro. Uno tsunami a destra è destinato a provocare reazioni, inevitabilmente, anche sul versante opposto. Dopo, le elezioni perse, il
Partito democratico può tranquillamente esercitarsi attorno al riordino della «ditta», ma se perde dì vista il cuore della questione politica in concreto perde di vista se stesso. Il nuovo partito riformatore è nato per conquistare consensi anche e soprattutto nell’area intermedia dell’elettorato, laddove oggi si espande il virus dell’astensionismo. In una
analisi del voto è sempre difficile, stabilire quali voti mancano all’appello. Nelle elezioni regionali però, un utile indizio, grazie alle preferenze, è dato dal numero degli eletti e dal loro posizionamento. Per i cattolici democratici il dato è molto positivo, sia per quantità, che per cifra individuale (primo degli eletti a Genova, Torino, Milano, Venezia, Reggio Emilia, Modena, Ancona, Roma, Napoli.. )….
 

Il Pd debole e la forza dei cattolici

di Giuseppe Fioroni –  deputato Pd

 Caro direttore, ho letto con attenzione l’articolo di Paolo Franchi, come sempre arguto e pungente, sulle prospettive del Partito democratico. Qualche osservazione vorrei farla. Come un vulcano; il bipolarismo polarizzato sull’eterno teatrino berlusconiano può esplodere da un momento all’altro. Uno tsunami a destra è destinato a provocare reazioni, inevitabilmente, anche sul versante opposto. Dopo, le elezioni perse, il
Partito democratico può tranquillamente esercitarsi attorno al riordino della «ditta», ma se perde dì vista il cuore della questione politica in concreto perde di vista se stesso. Il nuovo partito riformatore è nato per conquistare consensi anche e soprattutto nell’area intermedia dell’elettorato, laddove oggi si espande il virus dell’astensionismo. In una
analisi del voto è sempre difficile, stabilire quali voti mancano all’appello. Nelle elezioni regionali però, un utile indizio, grazie alle preferenze, è dato dal numero degli eletti e dal loro posizionamento. Per i cattolici democratici il dato è molto positivo, sia per quantità, che per cifra individuale (primo degli eletti a Genova, Torino, Milano, Venezia, Reggio Emilia, Modena, Ancona, Roma, Napoli.. ).
Nella non facile Lombardia, su 21 consiglieri eletti 9 sono di provenienza cattolico democratica, come gli unici sindaci di comune capoluogo eletti a Lodi e Lecco. Vuol dire che sta progressivamente cambiando la nostra composizione elettorale: vinciamo mettendo in risalto un profilo diverso, con programmi chiari e credibili. Questo per dire che forse se i consensi mancano, il problema è della «ditta» nessuno escluso. Dovremmo farne tesoro nei nostri dibattiti, invece discutiamo di altro, spesso mascherando sotto gli aspetti organizzativi lo scatto fra propositi di cambiamento e gestione ordinaria. Prendiamo un esempio soltanto. Mentre ogni giorno che passa diventa più oscuro il federalismo fiscale, fatichiamo a pronunciare dall’opposizione parole più incisive e severe. Dentro la scatola nera inventata da ossi ci sono i codici per disattivare il dispositivo unitario della nazione. Perché è debole il Partito democratico? Per questo inavvertito scivolamento che porta ad affrontare i nodi politici con uno stile che può essere percepito evocando un noto giudizio di Aldo Moro, come un «misto dì abnegazione e opportunismo». Centro e sinistra non sono categorie astratte. Ovvero, possono esserlo quando la politica s’ingarbuglia e gioca sulle parole. Ma il riformismo è esattamente questo, l’incontro o la sintesi tra le ragioni della moderazione e dell’innovazione. La risposta alla sfida del cambiamento e della modernità. Se non è questo là si dica con chiarezza. Forse sta proprio qui, nelle incertezze di un personale politico che spesso si sente «delocalizzato» rispetto alle istanze della maggioranza degli italiani, la malattia senile dei riformatori, i sopravvalutati e i sottovalutati, così catalogati per evidenti semplificazioni giornalistiche, potranno essere tali a seconda della loro capacità o incapacità di dare un senso o piuttosto uno sbocco a questo confronto di merito, a questa sfida che dobbiamo provare a vincere.