Enne Effe:”Nichi Vendola e io”

Enne Effe:”Nichi Vendola e io”

STRADE POLITICHE DIVERGENTI, IDENTITÀ DI PRINCIPI, AMICIZIA OLTRE GLI OSTACOLI

Don Camillo e Peppone, così ci ha affettuosamente battezzati un’amica comune, con riferimento alla storica serie televisiva interpretata da Gino Cervi e Fernandel che metteva in contrapposizione l’ideologia comunista con quella cristiana.
Un accostamento ironico che punta a evidenziare come posizioni politiche agli antipodi, possano trovare punti di convergenza se l’obiettivo comune è lo stesso, “usare” la politica per risolvere i problemi dei cittadini.
L’amicizia tra Nichi Vendola e me, viene da lontano ed è piena di ricordi bellissimi, legati al crescere insieme. Frequentavamo lo stesso barbiere, un socialista per non far torto a nessuno dei due. Inevitabilmente si finiva a discutere di politica.
Io in difesa di Moro, lui in difesa di Togliatti e ci si metteva di mezzo anche il barbiere con Nenni…..

STRADE POLITICHE DIVERGENTI, IDENTITÀ DI PRINCIPI, AMICIZIA OLTRE GLI OSTACOLI

Don Camillo e Peppone, così ci ha affettuosamente battezzati un’amica comune, con riferimento alla storica serie televisiva interpretata da Gino Cervi e Fernandel che metteva in contrapposizione l’ideologia comunista con quella cristiana.
Un accostamento ironico che punta a evidenziare come posizioni politiche agli antipodi, possano trovare punti di convergenza se l’obiettivo comune è lo stesso, “usare” la politica per risolvere i problemi dei cittadini.
L’amicizia tra Nichi Vendola e me, viene da lontano ed è piena di ricordi bellissimi, legati al crescere insieme. Frequentavamo lo stesso barbiere, un socialista per non far torto a nessuno dei due. Inevitabilmente si finiva a discutere di politica.
Io in difesa di Moro, lui in difesa di Togliatti e ci si metteva di mezzo anche il barbiere con Nenni. Erano disquisizioni da ragazzi, ma con la passione da adulti. Ci capitava di giocare insieme e anche quella era l’occasione per vivere una piacevole contrapposizione di vedute.
Un giorno un lucidissimo gatto nero ci attraversò la strada. Venne fuori tutta la superstizione di Nichi, che mi chiese repentinamente di girare. Per tornare indietro, fummo costretti ad allungare il nostro percorso di dieci chilometri.
Nichi è portato sempre a chiedere sacrifici agli altri. Quando lo fa, ci mette il cuore, diventa un filosofo impareggiabile, un poeta amabile, un uomo che persuade facendo leva sull’umana sofferenza, e io ci casco.
A volte sembra quasi un predicatore, motivo per cui mi è capitato di suggerirgli, di dire e fare qualcosa di sinistra.

Il vero Comunista
Diversamente, tra noi due il comunista non sarebbe stato lui. Nichi ed io condividiamo da sempre, oltre che la passione politica, anche l’anno di nascita, il 1958 e la città di origine Terlizzi, un comune del nord barese che nelle sue piazze ci vide giocare a palla e che diventò teatro per le nostre plateali conversazioni politiche.
Eravamo l’uno per l’altro come compagni di gioco, ma l’uno contro l’altro quando Nichi difendeva animosamente l’ideologia del Partito comunista e io difendevo con tenacia il pensiero della Democrazia cristiana.
Si giocava e si discuteva, come accade tra i ragazzi del quartiere, ma non si perdeva l’occasione per difendere quelle idee che serpeggiano in casa e che inevitabilmente ti vengono trasmesse con il Dna.
Fortunatamente Nichi ha avuto l’intelligenza di interpretare l’ideologia comunista in chiave moderna, prendendo quanto di positivo riteneva e lasciando al passato quanto di obsoleto vi riconosceva.
Non è mai stato difficile per un democristiano come me, riuscire ad andare d’accordo con il Nikita terlizzese, perché è sempre stato un amico vero, un comunista anomalo.
Parlando di sé afferma: “Il mio ambiente è stata una culla cattolica. Il cattolicesimo è un pezzo di Mezzogiorno che in Puglia diventa cifra di identità popolare, con una forte connotazione comunitaria, con le forme della sua pietà sempre al limite tra sacro e profano.
La religiosità come dono e abbandono e dunque conversione, la religiosità inquieta, grondante di domande, esigente, capace di smarrirsi continuamente, mi verrà sollecitata nel corso degli anni ’80 da Don Tonino Bello”.
Per questo credo che chi oggi si pone in una posizione intransigente nei confronti di Nichi Vendola per la sua provenienza politica, forse commette l’errore di giudicarlo senza conoscerlo. Certo per me è molto facile prevederne atteggiamenti e decisioni, perché lo conosco praticamente da sempre.
Devo tuttavia ammettere che, da quando entrambi ricopriamo ruoli istituzionali di rilievo, la nostra amicizia è stata messa a dura prova. Alcuni politici vorrebbero rovinare un rapporto bellissimo che è sopravvissuto a ogni tipo di tempesta e che oggi è più forte che mai.

Amicizia e fede politica
Quando nel lontano 1992, Nichi si candidò per la prima volta alla Camera dei Deputati, io come amico avrei voluto sostenerlo, ma ero dirigente Dc. Ricordo che gli scrissi una bellissima lettera dandogli tutto il mio sostegno, ma nelle conclusioni ribadii che non lo avrei votato.
Quando Nichi nel 1994 si candidò per la seconda volta alla Camera dei Deputati, eravamo entrambi più maturi e le cose andarono diversamente, anche perché il sistema elettorale era mutato.
Nelle elezioni politiche del 1994, quando nacquero Forza Italia e Berlusconi, tra i democristiani che avevano un ruolo a Terlizzi, fui uno dei pochissimi a comprendere che non aveva senso votare il terzo Polo.
Avevo previsto la catastrofe, conseguenza della non volontà del segretario nazionale Mino Martinazzoli di aderire ad uno dei due Poli. Così fu.
Io tra la Casa della libertà e I progressisti, scelsi questi ultimi, votando alla Camera Nichi Vendola che fu eletto deputato.
Devo riconoscere che moltissimi amici mi seguirono tra l’ilarità e gli insulti di tanti altri che votarono il Patto per l’Italia che venne poi stritolato tra destra e sinistra. Nel 1994 fu determinante per Nichi il voto di tantissimi democristiani. Nel Collegio camerale di Bitonto, Terlizzi, Giovinazzo e Palo, Nichi vinse per soli 200 voti.
Senza quella vittoria, oggi la Puglia, avrebbe un altro presidente di Regione. Ovviamente in quella occasione qualcuno cercò di colpirmi duramente e si parlò di scambio di voti: Nichi Vendola alla Camera e Gero Grassi sindaco.
Il sindaco lo avevo già fatto e da Nichi non è lecito attendere regali. Nulla di vero.
Non sono mai stato candidato sindaco e quando alcuni mi hanno offerto questa possibilità ho detto chiaramente che avevo già fatto l’esperienza ed era giusto che la facessero altri.
Una questione di stile
Sono sempre stato un democristiano che si sforza di costruire un partito nuovo, al passo coi tempi e rispondente alle esigenze legittime dei cittadini.
La politica spettacolo, la politica gridata non mi appartiene. Preferisco il ragionamento. Non va di moda, lo so.
Continuo a privilegiarlo rispetto alle illazioni, agli insulti, alle minacce. Lo stato di diritto vale sempre.
Per alleati e avversari. Allora come oggi, dobbiamo imparare a confrontarci civilmente.
A discutere. Dobbiamo imparare che ai vincitori del confronto politico, va assicurata la legittima aspirazione ad amministrare. Agli sconfitti il controllo politico dell’opposizione, non le vendette. Tutto questo in forma democratica e civile. Sono tantissime le strane coincidenze che portano me e Nichi sotto la lente d’ingrandimento del mondo politico, forse perché si vuole a tutti i costi cercare di evidenziare complotti che non ci sono.
Ricordo per esempio un comizio nella mia città. Eravamo nel 1995, si votava per il sindaco e il candidato del centrodestra il dr.
Alberto Amendolagine, accusò me e Nichi di essere andati insieme in America per decidere il candidato sindaco del centrosinistra. Io e Nichi eravamo stati in America più o meno nello stesso periodo, ma io ero andato in Florida, lui a Cuba.
La tradizione e il sangue politico non potevano portarci in posti identici. Mentre io ero ancora negli Stati Uniti, Nichi era tornato in Italia perché partecipava al Festival di Sanremo con un gruppo di parlamentari.
Da allora affettuosamente lo chiamo “il cantante”, come lo apostrofai in un comizio. Quanto al candidato sindaco, lo avevamo deciso non da soli e ne avevamo discusso senza fare migliaia di chilometri, a casa di Nichi mangiando gustose polpette. Su di noi era stato detto di tutto in un clima di demonizzazione dell’avversario, che è sempre sbagliato.
Nel luglio del 1995, tornavo dal lavoro in treno. Leggevo il giornale quando tre ragazzi si sedettero nel mio scompartimento.
Iniziarono a parlare di politica e dicevano che a Terlizzi c’erano due persone che erano vissute grazie alla politica.
Uno faceva il deputato da circa vent’anni e con i proventi aveva acquistato tanti appartamenti, l’altro era presente in Consiglio comunale dagli anni ’70, aveva fatto il sindaco e condizionava la politica locale determinando decisioni di ogni tipo. Ovviamente parlavano di Nichi e di me. Poi fecero i nomi. Io li ascoltavo in religioso silenzio. Abbassando il giornale, mi resi conto che non mi conoscevano. Chiesi quanti anni avessero i due personaggi dei quali parlavano.
Mi risposero oltre 50 anni. Estrassi la patente e la mostrai. Questo curiosissimo aneddoto lascia comprendere quale effetto può avere la diffamazione sulle persone.
Da allora quando li incontro, mi salutano con affetto anche se sono di destra. Sono tantissime le vicende politiche e umane che abbiamo condiviso nel tempo il presidente Vendola e io.
Ricordo per esempio l’esperienza da assessori nel 2004 nella prima Giunta di Tria a Terlizzi.
Dopo la vittoria del centrosinistra, si parlò di composizione della Giunta. Una domenica mattina, Nichi mi telefonò, dicendo che voleva parlarmi. Ci vedemmo con il sindaco e propose che per la Giunta entrassimo io e lui. Si voleva assicurare al paese una Giunta “forte” dopo anni di amministrazione di centrodestra, ma quella consultazione aveva visto il mio partito, la Margherita nel centrosinistra con posizioni critiche.
Da governativo quale sa essere, Nichi si rese conto che la Margherita non poteva stare fuori dalla Giunta e assicurare l’appoggio esterno.
Mi chiese quindi di fare un sacrificio per il paese.
Non voleva essere assessore senza di me.

L’abilità consumata di Vendola
Quando Nichi deve chiedere sacrifici agli altri è bravissimo.
Superlativo quando deve chiederli a me.
Un po’ come accade tra Peppone e Fernandel che alla fine trovano un punto d’incontro per il bene del paese, anche noi decidemmo per il bene del nostro paese.
Un’altra vicenda straordinaria che ci vide discutere animosamente e poi lavorare fianco a fianco, è certamente quella legata alle regionali di Puglia del 2005.
Come dimenticare le primarie che videro correre Francesco Boccia contro Nichi Vendola nel 2005? Il mio partito appoggia e propone Boccia.
Rifondazione comunista, quasi a sorpresa, candida Nichi. Qualcuno immagina che presto si ritirerà.
Io non lo penso affatto.
Ancora una volta la vita ci pone l’uno contro l’altro, pare sia scritto nel nostro destino.
C’è chi esulta perché nulla ci potrà salvare dalla contrapposizione, ma come sempre accade, sono poi gli eventi a ristabilire il giusto equilibrio e i detrattori che hanno dapprima sorriso si trovano poi a doversi rattristare per l’ennesima delusione. A Terlizzi io e Nichi votiamo insieme, seppure in maniera diversa. Grande festa di democrazia con seggi sparsi in tutta la Puglia e cittadini interessati all’esperimento primarie.
Raffele Fitto auspica la vittoria di Nichi perché è più facile da sconfiggere. Sin dall’inizio il risultato appare complesso perché il distacco tra Francesco Boccia e Nichi Vendola è esiguo.
L’iniziale vantaggio di Boccia si restringe sempre più, sino a diventare sconfitta.
Vendola vince con 40.358 a fronte di 38.676 di Boccia. Le elezioni regionali si prevedono durissime, anche perché il centrodestra si presenta con un candidato eccellente come Fitto, con una squadra potentissima e con risorse immense.
I Pugliesi sono stati molto bravi con il loro no alle sabbie mobili e alla politica paludosa di centrodestra.
Hanno invece detto di sì alla speranza di un domani migliore, quello disegnato da Nichi Vendola e dal centrosinistra che ottiene 14 mila voti in più.
È una vittoria storica, per certi versi inaspettata. Anche in quella occasione, Nichi e io finiamo sotto la lente d’ingrandimento e qualcuno già ci immagina l’uno contro l’altro, per aver percorso pezzi di strada differenti in occasione delle primarie.
Così non è, perché l’intelligenza politica che ci contrad – distingue, ci ha sempre portati a fare un passo alla volta, valorizzando le opportunità che ci venivano offerte dai cittadini. Chi quindi immaginava un’implosione del centrosinistra per la vittoria del comunista Nichi Vendola ha dovuto incassare l’ennesima delusione.
Guardandoci negli occhi, Nichi e io ci capivamo al volo. Nichi è persona di grande equilibrio e ha cercato nel 2005 di formare un’ottima Giunta.
È chiaro che nel tempo vengono fuori fattori imponderabili, ma anche in quel caso Nichi ha avuto la grande abilità di intervenire con fermezza e determinazione. Quando fu eletto presidente della Regione Puglia, i nostri rapporti non hanno subito alcuno scossone.
Io sapevo che lui era il presidente della Regione. Lui sapeva che io ero al vertice del secondo partito della coalizione di centrosinistra.
Entrambi sapevamo di avere grandissima responsabilità verso i cittadini, ai quali dovevamo dare risposte.
Era difficile dimenticare da dove venivamo. Era impossibile dimenticare chi eravamo.
Nichi si è subito imposto come presidente autorevole, ma come tutte le persone oneste e di buon senso, ha avvertito il peso della responsabilità dell’incarico e si è comportato quale presidente di tutti, anche di quelli che non lo hanno votato.

Il primo giorno da presidente
Ricordo il primo giorno in presidenza. Nichi era felice, spaesato, fortemente impegnato a capire.
Ogni tanto ci guardavamo e sorridevamo, quasi fossimo soli. Non ci scalfivano assolutamente le maldicenze che tentavano di intaccare la nostra amicizia, insinuando la poca lealtà della Margherita che io rappresentavo.
Questi 5 anni di governo del centrosinistra pugliese, non certamente senza errori, hanno prodotto tantissimo per la Puglia, basti pensare alle politiche ambientali, alle politiche culturali, a quelle giovanili o a quelle di promozione del territorio, dell’agricoltura, del mediterraneo.
È chiaro che immaginare di cancellare con un colpo di spugna l’esperienza maturata in questi cinque anni dal presidente Vendola e sostituirlo con un altro candidato, perché così ci veniva richiesto da partiti che non facevano parte della nostra coalizione e non conoscevano il lavoro svolto, ci è sembrato quanto meno ingeneroso nei confronti di Nichi e di tutto il centrosinistra pugliese che in questi cinque anni ha lavorato bene.
Per questo motivo Area democratica ha assunto una posizione critica all’interno del Pd che è stata letta da alcuni solo come difesa di Nichi Vendola e non come giusto riconoscimento all’operato dell’intera Giunta pugliese di centrosinistra.
Il lungo braccio di ferro sulla candidatura alternativa, dapprima convergente su Michele Emiliano, poi su Francesco Boccia, se non si fosse concluso con le primarie da disputare insieme a Nichi Vendola, avrebbe di certo portato a una doppia candidatura per il centrosinistra pugliese disperdendo la forza e l’esperienza maturata.
Le primarie erano l’unica via d’uscita per dirimere la questione attraverso un percorso democratico di reale partecipazione. Percorso che i cittadini hanno apprezzato. Lo dimostra la grandissima affluenza registrata ai seggi domenica 24 gennaio. Area democratica aveva visto giusto e con la sua intuizione ha rafforzato il centrosinistra pugliese.
Le diversità che ci sono all’interno del PD devono essere considerate un arricchimento perché inevitabilmente portano a un allargamento che è prioritario in politica, se si vuole diventare maggioranza per governare.
Il popolo delle primarie e i partiti del centrosinistra il 24 gennaio 2010 hanno deciso di riconfermare la fiducia al presidente della Regione Puglia Nichi Vendola. Hanno valutato positivamente il risultato conseguito in questi 5 anni dalla Giunta di centrosinistra e hanno ritenuto di non disperdere l’esperienza maturata.
È questa la chiave di lettura: non la vittoria di un candidato sull’altro, ma la vittoria di un progetto valido che continua a raccogliere il consenso di militanti e gente comune.
La Puglia non si è lasciata condizionare dalla razionalità di alcuni strateghi, ha deciso con il cuore.

La forza della Puglia
La Puglia non si è lasciata condizionare dalla razionalità di alcuni strateghi, ha deciso con il cuore.
Il centrosinistra pugliese deve ora compiere un ultimo sforzo, ritrovare la coesione al suo interno con la dovuta serenità. Il presidente Vendola invece, ha il dovere di spendere tutte le energie necessarie, per rendere forte e larga la coalizione e recuperare il consenso e l’amicizia di chi la pensava diversamente.
Deve condividere la sua vittoria con il Pd che come partito, ha certamente contribuito in larga misura alla sua ricandidatura.
Sono questi i presupposti essenziali per affrontare una campagna elettorale che si propaghi all’unisono. Con l’affluenza registrata alle primarie, il centrosinistra pugliese ha già dimostrato parte della sua forza.
Ora non resta che lavorare fianco a fianco, motivati più che mai, per vincere la sfida delle regionali. Nichi e io da sempre lavoriamo per raggiungere il medesimo obiettivo anche se percorriamo strade diverse e da lui devo guardarmi… perché mi chiede sacrifici che non intendo più offrire.